SOLE
Ecco a voi Sole. Vi racconto la sua storia.
Una settimana dopo la morte di Dana, mi trovavo a Roma per uno spettacolo con il mio grandissimo amico, socio collega, Stefano Scaramuzzino. Potete capire il mio stato d’animo, ma per fortuna mi trovavo con delle persone speciali che mi davano energia e l’amore necessari per affrontare le giornate.
Io e Stefano stavamo tornando a casa in moto dalle prove e notai un esserino peloso sul marciapiede accovacciato sotto il sole. La strada era molto trafficata e sembrava che le persone che camminavano non lo vedessero. Era come se fosse invisibile.
Così dissi a Stefano “oh Ste, mi sa che c’è un gatto che non sta molto bene. Possiamo tornare indietro?”
Da amante degli animali e da persona splendida, non esitò un attimo e facemmo inversione.
Il piccoletto era lì, dolorante, spaventato, con due occhi che erano sinonimo della disperazione. Ci avvicinammo, lui mi guardò e cominciò miagolare disperato. Mi avvicinai e lui provò ad allontanarsi. Notai subito una cosa terribile: trascinava le zampe posteriori.
Sotto il sole, in una zona molto trafficata, un giardino condominiale con dei cani molto grandi che gli abbaiavano contro oltre il cancello. Potete immaginare il terrore di questo esserino.
Cercai subito di prenderlo e lui non si oppose, anzi, infilò il muso sotto l’ascella come per chiedere aiuto e protezione. Ma il dolore, la confusione e la situazione fecero sì che lui si spaventasse e provasse talmente tanto dolore da mordermi le mani.
Ma questa è un’altra storia che ora non ha più importanza. Oddio, in realtà il mio pollice è rimasto acciaccato, ma non importa, è rimasto attaccato alla mano.
Una volta portato a casa, chiamammo subito la prima veterinaria che venne a domicilio. Dopo una visita ovviamente approssimativa perché non avevamo in quel momento la possibilità di far delle lastre, chiesi di testarlo. Fortunatamente negativo a FIV e FELV. Ma era in condizioni critiche, con febbre, debolezza e disidratazione oltreché alle probabili e poi accertate fratture al bacino e al femore.
Ma io e Stefano avevamo uno spettacolo da fare e quindi cercammo di organizzare nel miglior modo possibile la situazione.
Non smetterò mai di ringraziare lui e la sua meravigliosa moglie Loredana per il supporto e per aver accettato questa folle avventura in casa loro, perché mi stavano ospitando. Sono stati a dir poco fantastici, perché hanno fatto in modo che il micio potesse stare bene e di conseguenza anch’io.
Dopo la prima notte nella mia camera in cui lui faceva le fusa e mi chiamava per il dolore e per le attenzioni, il giorno dopo decidemmo di portarlo subito in clinica per capire effettivamente le problematiche. Non mangiava, beveva un po’, e non faceva i bisogni. Eseguite le lastre accertarono che il bacino era fratturato e che c’era la possibilità che non fosse più in grado di fare i bisogni da solo… ma era talmente pieno di vita, di forza e di fiducia nei nostri confronti che decisi di portare avanti la missione e anche con il rischio di dover spremerlo per tutta la vita tre volte al giorno.
Questa clinica non era attrezzata per la degenza ospedaliera per più giorni, quindi trovammo un’altra struttura per lasciarlo lì e farlo stabilizzare per dei giorni fino a quando saremmo partiti per Trieste.
Oltretutto avevamo le prove ogni giorno e lo spettacolo non era nemmeno a Roma, ma a Bracciano, quindi non potevo stare dietro al piccoletto.
I giorni in cui era nella clinica erano davvero tosti perché non potevo andare a trovarlo e ogni volta che chiamavo per chiedere informazioni avevo sempre paura che la situazione precipitasse e che non ce la facesse perché era comunque in pericolo.
Tra l’altro continuavano a dirmi che non faceva i bisogni.
Finite le repliche dello spettacolo andammo a prendere il piccoletto. dopo aver pagato una somma molto importante mi spiegarono come si tira la pipì inserendo la siringa nel catetere perché ci aspettava un lungo viaggio in treno: Roma-Trieste.
Sole dormì e fece le fusa durante tutto il viaggio e pensavo di quanto fossi orgogliosa e felice per non aver gettato la spugna e per avergli dato la possibilità di vivere una vita serena con tutti i rischi del caso.
Arrivati a Trieste lasciai subito il piccolo nella clinica perché il giorno dopo l’avrebbero operato e io andai in pronto soccorso per il mio pollice lesionato durante il recupero di Sole (vi ricordate i morsi di cui vi ho parlato?): avevo una forte infezione in corso che aveva intaccato tendine ed osso, trascurata perché dovevo andare in scena. Risultato: due mesi sotto antibiotico (nove al giorno). Mi dissero che avevo rischiato la vita e la situazione avrebbe potuto precipitare se avessi aspettato oltre. Come accennato prima, la situazione non è risolta, ma va bene così, l’importante è che tutto sommato stiamo entrambi bene.
Torniamo a Sole. L’operazione andò bene. Fu operato nella stessa clinica dove ho visto Dana per l’ultima volta. Credo possiate capire il dolore nel rientrare in quel luogo.
E così lo portai a casa con i punti, con il collare elisabettiano (che tra l’altro indossava ormai da un bel po’ di tempo già dalla prima clinica di Roma), dolorante ma molto vivace, affettuosa e riconoscente.
Ah! Riprese a fare i bisogni, tutti! e in autonomia.
Dopo un mese di cure, tra antibiotici, antidolorifici ed integratori, iniziò a stare molto meglio, a correre e a saltare (non troppo in alto).
Ha finalmente iniziato una nuova vita, non più da randagio, ma da padrone di casa.
Venuto in famiglia Sole.
Se visitate il nostro profilo INSTAGRAM potete trovare un Reel che racconta in breve la sua storia.
Ecco qui il link